Descrizione
Villanova Marchesana (C.A.P. 45030) appartiene alla provincia di Rovigo e dista 22 chilometri da Rovigo, capoluogo della omonima provincia. Sorge a 3 metri sopra il livello del mare. Il municipio è sito in Piazza Marconi 2, tel. 0425 770934. Cenni geografici: Il territorio del comune risulta compreso tra i 2 e i 9 metri sul livello del mare. L’escursione altimetrica complessiva risulta essere pari a 7 metri.
LE ORIGINI […] Sappiamo che Villanova già “esisteva nel 1150” (Memorietta, Bocchi); la data, importantissima, ci permette di inserire la nascita del paese nell’alveo di quell’intenso e travagliato processo di popolamento che, dal 1000 al 1300 circa trasformò completamente il volto non solo dell’Italia ma dell’Europa intera. “…Il secolo XII – scrive G. Cracco (Il Medioevo, Soc. Ed. Internazionale, Torino 1975) – è un secolo di costante anche se disordinato sviluppo. Cresce quasi ovunque la popolazione. La gente si muove, lascia il vecchio castello o il villaggio per stanziarsi in una VILLANOVA, oppure emigra verso aree nuove da colonizzare. E’ una vera offensiva portata contro l’incolto, contro gli spazi selvaggi (boschi, paludi, mare…), che riduce a pascolo o a coltura, dopo giganteschi lavori di bonifica e disboscamento, immensi territori…”. Per quanto riguarda l’Italia padana, è storicamente accertato che i veri promotori di questa immensa opera di bonifica furono essenzialmente i MONACI e, nei primi tempi, in special modo i monaci BENEDETTINI. Proprio a Gavello, esisteva la poco conosciuta abbazia dei benedettini, che quasi certamente dovevano estendere la propria signoria territoriale anche alla zona di Villanova. Che queste terre appartenessero in qualche misura al monastero gavellense lo starebbero a dimostrare alcuni documenti, secondo i quali “…il monastero godeva beni anche in FUNDO ET DISTRICTU CANALIS NOVI…; né si deve trascurare che dopo la rotta di Ficarolo, avvenuta verso il 1150, i benedettini risolsero di spostarsi proprio a Canalnovo, dove vi fondarono monastero e chiesa. Le fonti storiche presenti tuttavia non parlano di un intervento benedettino anche per la zona di Villanova: qui, al contrario, ebbero libero campo d’azione i MONACI CERTOSINI, ordine sorto nello spirito benedettino: anche la loro regola contemplava infatti come obbligatori i lavori manuali, secondo l’ ideale benedettino “ora et labora”. Ex Corte dei Certosini ora prop. Sartori Dalle “Memorie dell’abbazia di Canalnovo”, sappiamo che “…sin da tempi assai remoti i frati certosini s’eran fatto un convento (detto CERTOSA) dove ora c’è Villa Camerini. Essi possedevano molto terreno a Villanova Marchesana e attesero all’asciugamento della terra, perché anticamente…c’eran le acque lasciate dal mare. I frati per più secoli rimasero in questo paese, facendo lavorare la terra. Appartenevan ad essi le campagne Franceschina, ferraresa, polesina, croce, tramilunji, valloncello e qualche altra…”(Archivio Parrocchiale di Villanova Marchesana). E’ quindi assai probabile che Villanova sia nata sotto gli auspici del monastero certosino, che offrì la possibilità ad alcune famiglie rusticane di insediarsi in questa zona con il preciso intento di creare un nuovo villaggio agricolo. A Villanova l’azione dei frati certosini si fece sentire sempre in modo massiccio: da un lato continuarono nell’opera di bonifica, dall’altro diedero il via a poderose opere di arginatura: si ricorda ancora a Villanova “l’arzene dei frati”. A queste opere i frati partecipavano molto spesso personalmente. Scrive il Luzzato – come la villa romana, il monastero ha i suoi granai, i magazzini, le cantine in cui si conservano i prodotti dell’economia diretta o delle quote dei poderi tributari; le sue stalle, i suoi piccoli laboratori artigiani, dove i monaci stessi producono gran parte degli oggetti che possono essere necessari alla vita quotidiana del monastero e della popolazione dipendente…”(G. Luzzato, Storia Economica d’Italia – il medioevo – Sansoni, Firenze 1963). E infatti i certosini possedevano a Villanova la loro fornace: la parrocchia ha ancora oggi dei mattoni sui quali è inciso lo stemma dei frati. Agli albori del ‘200 gran parte del Polesine passò nelle mani dei ferraresi; il territorio ferrarese comprendeva, tra gli altri, i paesi di Crespino, Papozze, Canalnovo, Villanova Marchesana, Corbola F. e Ariano. “…quei marchesi (gli Estensi) – scrive il Bocchi – avevano possessi fin dal 1142 né contadi di Gavello e Ariano; – e poi – si andarono sempre dilatando, fino a diventare dalle nostre parti dei veri sovrani…”. Fu probabilmente in questo particolare periodo storico che Villanova mutò nome, diventando VILLANOVA BURGELLORUM o DE’ BURGELLI, perché vi si stanziò la famiglia ferrarese dei Burgelli. Il Bocchi ci informa che Villanova “… cambiò come nel modo seguente: Burzellorum, Bruellorum, Bruellana, Burgellana: dalla famiglia ferrarese Bruella o Burgella che vi ebbe dominio. Per il periodo che va dal ‘200 al ‘400 non possediamo documenti sulla vita economico – politica del paese. Da fonti quattro – cinquecentesche possiamo tuttavia dedurre che Villanova attraversò un po’ tutto l’iter politico dei COMUNI RUSTICI di pretto stampo medievale. Il fatto che nei documenti pubblici si parli spesso di Villanova come un COMUNE, ci indica con sufficiente chiarezza il suo particolare status politico. Tra il 1401 e il 1580 si avvicendarono a Villanova circa una quindicina di PODESTA’ nominati dagli Estensi. Il 1418 segnò un’altra tappa importante nella storia del paese: infatti fu l’anno in cui i Bargelli cedettero i loro beni di Villanova al marchese Nicolò III. Da allora Villanova prese il nome di MARCHESANA, in onore appunto del marchese estense. Il ‘300 e il ‘400 segnarono l’acme della parabola storica di Villanova: furono anni, questi, che la videro al centro di scambi e di accese polemiche, sede di podestà e di notai: tutti indici d’una innegabile vitalità economico – politica. La crisi iniziò col ‘500 e si fece acuta nella seconda metà del secolo; mutamenti politico – amministrativi e fattori ambientali (le alluvioni) determinarono un rapido deterioramento dell’importanza del paese. Nel 1598 infatti gran parte dei possedimenti estensi fu incorporata dallo stato della Chiesa. Il Bocchi affermava che “… una linea capricciosa, innaturale, lasciava sotto il dominio della Santa Sede di Crespino, Canalnovo, Villanova Marchesana e Papozze. – Da allora, continua – … Villanova venne con Papozze sottoposta alla podestaria di Crespino…”. Il 1598 potrebbe sembrare la data che segna l’inizio della decadenza, ma in effetti a tale decadenza Villanova era già avviata dagli inizi del ‘500. Nel 1514, infatti, la parrocchia – che comprendeva Berra, Canalnovo, Gavello – venne smembrata, e dal suo smembramento nacque la parrocchia di Gavello. Anticamente era ancora più vasta, da poiché comprendeva parimenti tutta la terra di Gavello, e il borgo oggi chiamato Agujaro presso a Crespino (Archivio Parrocchiale). Nel 1514 fu smembrata parte della parrocchia di Villanova e ne fu formata la parrocchia di Gavello. Le cause di questo lento ma inesorabile declino – che comportò innanzitutto lo spostamento della podestaria a Crespino – sono da ricercarsi soprattutto nel fatto che Villanova fu per quasi tutta la metà del ‘500 al centro delle innumerevoli inondazioni che, in quegli anni, imperversarono nel Polesine. Crespino, invece, “…aveva una posizione privilegiata, era distante mezzo chilometro dal Po, aveva un bosco, aveva nuove e robuste arginature, vie ampie e solide, fu sempre risparmiato dalle inondazioni dei fiumi, prometteva di diventare presto un centro popolato e commerciale…” (A. Felisatti , Villanova Marchesana. Monografia e leggenda, arch. parrocchiale). Dal 1564 al 1591 si contarono ben 16 alluvioni. Il lasso di tempo che va dalla fine del ‘600 sino alle soglie dell’800, fu un periodo di pace per il Polesine. L’assetto territoriale rimase sostanzialmente invariato: Villanova, Crespino, Canalnovo, Papozze, continuarono a restare oasi pontificie in un territorio del tutto sottoposto alla Repubblica di Venezia. Essendo zona di confine, Villanova era però diventato un punto nevralgico, una spina nel fianco dello stato pontificio. I documenti dell’epoca mostrano preoccupazioni per eventuali infiltrazioni venete attraverso Villanova che, com’è noto, estendeva la propria parrocchia oltre Po, a Berra. Il fatto che la parrocchia comprendesse anche Berra, creava inoltre dei notevoli problemi di competenza.
Dopo 282 anni di pace invidiabile l’avanzata francese e l’epoca napoleonica fu poco felice per il Polesine e, sia pure molto smorzata, l’eco degli avvenimenti si fece sentire anche a Villanova. Il periodo più denso di eventi non fu quello della prima occupazione francese (Repubblica Cisalpina), né quello della prima occupazione austriaca succeduta al trattato di Campoformio (1797), ma quel lasso di tempo che va dagli inizi dell’800 sin oltre il congresso di Vienna (1815). La Repubblica Cisalpina si trasformò in REPUBBLICA ITALIANA. Il Polesine con Adria, Rovigo e Lendinara, fu compreso allora nel DIPARTIMENTO DEL BASSO PO con a capo Ferrara…”. Verso il 1810 Napoleone decretava lo scioglimento degli ordini religiosi e l’incameramento dei loro beni, fu allora che i frati dovettero lasciare a malincuore Villanova e Canalnovo; perché Napoleone annullò tutti gli ordini religiosi. Dopo questo forzato allontanamento vennero volontariamente e vandalicamente distrutte cose d’arte pregevoli, si perdettero importanti scritti e documenti. I segni del “passaggio” francese a Villanova li troviamo inoltre nel palazzo DACLON. “…l’ultimo Daclon – scrive il Felisatti – nel 1834, al Passo, presso la Certosa, ha voluto costruire un palazzo, ora abitazione del sig. Vittorio Verlato, e in questa costruzione diede fondo a buona parte del suo patrimonio. Sul fronte del palazzo si legge: Palazzo Daclon: ma plus grand folie qu’elle soit la dernière de ma vie. A.D. MDCCCXXXIV…”. Palazzo Daclon ora Verlato Vicino all’edificio le Scuderie di Villa Luisa con arcate a tutto sesto, la casa padronale è stata distrutta per rinforzare l’argine. Caduto Napoleone, col trattato di Vienna, Massa Superiore (oggi Castelmassa) e i paesi della cosiddetta TRASPADANA FERRARESE – la traspadana ferrarese (già degli Estensi) comprendeva i comuni lungo il Po da Papozze a Melara – che fino dal 1598 appartennero alla Marca Pontificia, furono cedute all’Austria, che li aggregò al Polesine di Rovigo dal quale erano rimasti sempre separati, tanto sotto gli Estensi che sotto i veneziani. Terra di paludi nel basso medioevo, terra di conquista e teatro di battaglie fra veneziani ed estensi all’epoca delle signorie, il Polesine non è mai stato soggettivamente impegnato dagli eventi che hanno scosso l’Italia, ed è sempre rimasto a guardare da una posizione di arretratezza economica e culturale, dando, al limite, alla storia soltanto il proprio contributo di uomini (vedi, ad esempio, i moti carbonari), ma senza mai che tali avvenimenti esercitassero sulla società tutta polesana un spinta verso il superamento delle sue precarie condizioni. La storia polesana è tutta costellata di interventi per bonificare il terreno attraverso un’infinità di canali, scoli, chiuse, idrovore. Oggi Villanova è un comune non molto popolato e dedito quasi esclusivamente all’agricoltura. E’ interessante notare, tra parentesi, come dal ’51 al ’61 ci fosse solo una fabbrica in funzione, nonché una industria estrattiva, come ci risulta dall’ufficio statistiche. L’economia è sempre stata basata su un latifondismo a cui faceva riscontro una larga fetta di popolazione bracciantile che, praticamente, viveva ai margini di tali ampie proprietà, svolgendo lavori stagionali e coltivando piccoli appezzamenti di terreno. Dal 1886 inizia la grande migrazione, che raggiunse le punte massime nell’88. Notizie particolareggiate su Villanova non esistono, e però presumibile che il fenomeno non abbia mai toccato le punte massime riscontrate in altri paesi. Le condizioni si fanno meno drammatiche per il Polesine verso il 1901, quando entra in funzione il COLLETTORE PADANO – POLESANO, che allarga il numero dei terreni padani coltivabili. Diminuisce pure l’emigrazione, che si stabilizza su percentuali abbastanza basse. Il momento critico dell’emigrazione giunge invece nel periodo post – bellico, dal ’51 in poi, con indici medi assai alti per tutti gli anni e con punte altissime negli anni ’60-61. E’ da rilevare che tale esodo interessò soprattutto gli strati giovani della popolazione, cosicché paesi con fortissima emigrazione, come Villanova, ora si trovano con indici di senilità molto elevati ed età medie al di sopra della media provinciale, a sua volta abbondantemente superiore alla media nazionale. Sui motivi dell’ondata migratoria dal ’51 in poi, c’è da indicare: l’alluvione del ’51 che causò danni in tutta la provincia tranne che in alcuni comuni dell’alto Polesine; il conseguente periodo di crisi e la scomparsa di tanti posti di lavoro; il BOOM economico degli anni ’60 che richiamò nell’industria piemontese, lombarda ed emiliana la nostra manodopera bracciantile e che troncò anche le residue possibilità di un’economia come quella villanovese, fondata sull’agricoltura. Il Polesine divenne così un ottimo serbatoio di manodopera non specializzata per le industrie del triangolo industriale. La popolazione polesana ebbe un crollo anche perché in quegli anni diminuirono pure le nascite. I paesi più colpiti furono quelli del basso Polesine e del medio Polesine: di quest’ultimo soprattutto i paesi posti a sud-est, a ridosso del Po, come Crespino; Villanova, ecc. Questi paesi ebbero la popolazione più che dimezzata: Villanova, ad esempio, passò dai 3620 abitanti del ’50 ai 1446 del ’71. Oggi la situazione del comune è una delle più critiche dell’intera provincia, con un altissimo indice di senilità, per un’eccedenza delle morti sulle nascite. E’ interessante notare come Villanova risulti senza alcuna fabbrica, infatti le uniche due fabbriche furono chiuse nel ’64: cioè un’industria di laterizi e una estrattiva (metano). E’ il caso di soffermarsi un attimo su queste due attività, poiché esse avevano un peso notevole nel comune, dal momento che impiegavano circa 300 operai. La golena del Po sullo sfondo le ex fornaci Etna e Totti La loro chiusura provocò un ondata di emigrazione che spopolò ulteriormente il comune. Probabilmente la chiusura della fabbrica è stata determinata non tanto da difficoltà oggettive attinenti al mercato, quanto dal fatto che le fornaci risentirono molto probabilmente della recessione che colpì la provincia, e ciò in concomitanza con il boom economico registrato nel cosiddetto triangolo industriale. Con la “crisi” degli investimenti, anche l’ultimo imprenditore, un certo Zini, si ritirò e in seguito l’attività dell’industria cessò del tutto. A nulla valsero le proteste e gli scioperi degli operai sia di Villanova che di Rovigo (si rizzò una tenda in piazza Vittorio Emanuele a Rovigo).
Chiesa S. Lorenzo l’Oratorio di S. Lorenzo, edificato dai monaci a metà del ‘600, con a lato il campanile progettato dall’Ing. Dino Stori e costruito nel 1966. L’edificio sacro è divenuto chiesa parrocchiale nel 1956. Chiesa S. Maria Assunta Chiesa dedicata a S. Maria Assunta che risale alle seconda metà del Settecento. Tra i quadri della parrocchiale figurava una tela di Ippolico Scarsella, detto Lo Scarsellino, purtroppo distrutta a causa di un incendio verificatosi nel 1968. Attracco Piarda Area Attrezzata “Amici del Po” Il paziente lavoro di un gruppo di volontari, gli “Amici del Po” ha trasformato un’impervia zona golenale in un accogliente ritrovo immerso nel verde. Qui si svolgono attività ricreative, turistiche e sportive legate alla pesca del siluro. L’area è attrezzata con parcheggi, scivolo e pontile di ormeggio, servizi igienici ed elettricità. Golena Oasi WWF Il paese è oggi noto anche per la grande golena, area di primario interesse ambientale, oasi naturalistica gestita dal W.W.F., in parte caratterizzata dal bosco con prevalenza di piante di Salice bianco, e in parte dominata da zone palustri, con la presenza di Cannuccia di palude, Tife e Menta acquatica. Qui troviamo vari tipi di rane ed uccelli, quali il Tarabuso, il Tuffetto, l’Airone cenerino, la Nitticora, il Falco di palude, il Cardellino ed altri, che hanno scelto il luogo come loro rifugio stabile. Altri siti interessanti del Comune: Chiesetta Capo di Sopra Oratorio Cisimatti Interno Oratorio Cisimatti Bellezze Artistiche e Naturali La cinta muraria che si vede in località Canalnovo è quanto rimane del monastero dei Certosini di Ferrara dove ora sorge Villa Camerini (Brogiato) del ‘700, a fianco l’Oratorio di S. Lorenzo, edificato dagli stessi monaci a metà del ‘600, con a lato il campanile costruito nel 1966. L’edificio sacro è divenuto chiesa parrocchiale nel 1956. Nel centro di Villanova Marchesana si erge la Chiesa di S. M. Assunta di ispirazione estense, della seconda metà del ‘700. Un incendio del 1968 distrusse una tela dello Scarsellino. Lungo la strada arginale si trova Palazzo Daclon costruito nel 1834, che si sviluppa su quattro piani. Vicino all’edificio le Scuderie di Villa Luisa con arcate a tutto sesto, la casa padronale è stata distrutta per rinforzare l’argine. Grazie ad una convenzione tra il comune di Villanova Marchesana e Berra (Fe) in località Santi, lungo l’argine del Po esiste un traghetto che collega la sponda Veneta con quella Emiliana che può trasportare anche macchine. Nella Golena Piarda, di oltre 30 ettari, sono rimaste attive per molti anni due fornaci, oggi in stato di abbandono, importanti esempi di archeologia industriale. La golena, caratterizzata da una rigogliosa vegetazione ed una ricca fauna, il luogo ideale per varie specie di uccelli.